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I luoghi fotografici di Bruno Panieri

date » 22-12-2018

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https://artevitae.it/bruno-panieri-intervista/

Per la rubrica Digressioni sulla fotografia, curata da Luigi Coluccia, in copertina oggi c’è Bruno Panieri con i suoi luoghi fotografici. Nel consueto appuntamento dedicato all’approfondimento dei lavori dei nostri autori, ne racconteremo la storia e la fotografia.

di Luigi Coluccia

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100 passi a Vigne Nuove (2017)

date » 05-11-2017 11:02

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Viaggio sul 19 (2017)

date » 07-11-2017 16:42

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Il tram è un “mondo perfetto” per chi vuole osservare il mondo, un ideale specchio, “come il caffè per gli esistenzialisti”.

Un problema spinoso del 19 è che passa raramente. Mooolto raramente. Ogni sette-otto tram che transitano, solo uno è un 19, gli altri vanno a piazza Mancini (tragitto da nulla, dieci minuti), quindi l’attesa è abbastanza frustrante, insomma, questo fatto di vedere arrivare un tram dopo l’altro e non è mai il tuo. Lo scopro in una mattina di luglio: di tram per piazza Mancini ne passavano in continuazione, si svuotavano e si riempivano risucchiando la gente in attesa sulla banchina di cemento, sembrava che tutti erano lì ad aspettare il tram per piazza Mancini e nessuno (tranne me) il 19. Strano, no?, con un percorso così lungo e vario da fare. Il 19 infatti risale la Flaminia fino a Belle Arti, poi piega su per Valle Giulia, arriva a piazza Ungheria e da lì imbocca il lunghissimo rettifilo che sfocia al cimitero del Verano, attraversando tre o quattro quartieri diversi, il Salario che ancora può essere definito ideologicamente parte dei Parioli, poi la zona di piazza Quadrata fino a incrociare la via Nomentana, quindi il quartiere dei Villini e poi il Policlinico e l’Università, un mondo a parte, lunghi muri con dietro le Facoltà, gli Istituti eccetera. Infatti quell’unico stradone cambia nome tre volte: viale Liegi, viale Regina Margherita e poi viale Regina Elena. E poi continua, va avanti... Per chilometri e chilometri... Il Verano. San Lorenzo. Porta Maggiore. Fino alla Prenestina. Centocelle.

Edoardo Albinati - 19

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Pio Monte della Misericordia (Ischia 2017)

date » 16-08-2017 13:27

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Il Pio Monte della Misericordia è una struttura oggi decaduta, posta proprio sul lungomare di Casamicciola Terme. La sua storia però è tutt’altro che decadente, sinonimo di volontariato e caritatevole aiuto nei confronti dei meno abbienti nell’arco di diversi secoli.

Immediatamente dopo il dominio degli Aragonesi Napoli divenne Viceregno Spagnolo, con diverse conseguenze per la popolazione, che in seguito alla crescita esponenziale della densità demografica dovuta agli sgravi fiscali della città, vide accrescere anche le condizioni critiche di molti tra povertà e disagio sociale. A partire dal 1595 furono così innumerevoli le attività caritatevoli, e tra queste nacque il Pio Monte, un’associazione benefica laica, il cui scopo era quello di sostenere le famiglie e i poveri in difficoltà. Sette Gentiluomini del tempo, Cesare Sersale, Girolamo Lagnì, Astorgio Agnese, Giovan Battista Mando, Giovan Vincenzo Piscicello, Giovan Battista d’Alessandro e Gian Andrea Gambacorta, fondarono così il 17 aprile 1601 il Sacro Monte della Misericordia.

A questi primi fondatori con il tempo si unirono altri soci, che grazie ai propri contributi riuscirono a dare ogni venerdì pasti e quindici letti agli infermi dell’Ospedale degli Incurabili. Ad un anno di distanza i soci fondarono ufficialmente il “Monte”, il cui stemma constata ancora oggi di sette colline il cui stemma “FAEOG” sta a significare “Fluunt ad eum omnes gentes”.

Le opere benefiche, sette in tutto, consistevano nel soccorrere ogni venerdì tutti i poveri infermi, seppellire i morti nello stesso Ospedale, provvedere alle esequie dei nobili caduti in povertà. Nell’ottica delle Sette Opere di Misericordia, si aggiunse il Soccorso degli Infermi con l’uso di uno stabile a Casamicciola, dove gli infermi poterono godere dei benefici delle Terme Ischitane.

In seguito alle evoluzioni storiche della politica e delle infiltrazioni napoletane, il Pio Monte della Misericordia ha subito nei secoli diversi colpi, ma non ha mai perso lo scopo altamente benefico dei suoi intenti, continuando a rappresentare un ente di eccezionale importanza. Ad oggi il complesso Termale di Casamicciola continua ad essere decaduto, mentre è sempre dell’Ente l’adiacente Orfanotrofio di S.Maria della Provvidenza di Casamicciola. Al Pio Monte appartengono anche la Casa di Riposo in Via Cagnazzi di Napoli e l’Asilo Luigi Illiano di Bacoli.

(http://www.ischiatraveltips.it/it/monumenti/il-pio-monte-della-misericordia)

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fuga a ostia antica (Roma 2017)

date » 31-07-2017 12:50

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Una dimensione"fugace" delle rovine di Ostia Antica, ottenuta con zoommate in ripresa.
Ostia fu una città del Latium vetus, porto della città di Roma, posta nelle vicinanze della foce del fiume Tevere.
Prima colonia romana fondata nel VII secolo a.C. dal re di Roma Anco Marzio,[1][2][3][4] secondo il racconto tradizionale, si sviluppò particolarmente in epoca imperiale come centro commerciale e portuale, strettamente legato all'annona (approvvigionamento di grano per la capitale). Rimase centro residenziale e amministrativo dopo la costruzione dei porti di Claudio e di Traiano, ma decadde rapidamente in epoca tardo-antica, sostituita dal centro portuale di Porto, e fu abbandonata in epoca alto-medievale.
Le rovine della città furono scavate a partire dagli inizi del XIX secolo: si sono conservate, insieme ai monumenti pubblici, numerose case di abitazione e strutture produttive, che ne fanno un'importante testimonianza della vita quotidiana antica.

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Area ex Saffa (Venezia 2017)

date » 18-07-2017 10:34

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Il quartiere è stato edificato in un’area occupata in precedenza dalla fabbrica di fiammiferi “Saffa”, attiva fino agli anni ’50.
Le residenze, circa 200 abitazioni, sono state realizzate in due fasi, la prima tra il 1981 e il 1985, la seconda tra il 1998 e il 2001.
Il complesso edilizio s’integra perfettamente nel tessuto storico di Venezia proponendo, con nuove soluzioni formali, i motivi della tipologia insediativa veneziana: la struttura degli spazi urbani riprende i temi della “calle” e del “campo”, sono stati proposti elementi edilizi quali le altane e i muri di perimetrazione dei giardini e sono stati utilizzati materiali come il “coccio pesto” e la “pietra d’Istria”.
Non è una piazza, ma un Campo. E’ Campo Saffa e la strana vera da pozzo, collocata proprio in mezzo ad esso, ci fa presagire che ci troviamo in un luogo particolare. Ci troviamo infatti a Venezia, sestiere di Cannareggio, nel quartiere residenziale che è stato edificato nell’area industriale dismessa della fabbrica Saffa (in questa area si sono succedute varie attività industriali e fra queste quella delle Fabbriche riunite Fiammiferi, continuata dalla Saffa fino ali anni ’50.
Il progetto del complesso è della Gregotti Associati (A. Cagnardi, P. Cerri, V. Gregotti, H. Matsui) con a capo Vittorio Gregotti.

https://veniceblog2016.wordpress.com/2016/06/07/area-ex-saffa-3/

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Cimitero delle Fontanelle (Napoli 2017)

date » 04-07-2017 20:34

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Il cimitero delle Fontanelle (in napoletano 'e Funtanelle) è un antico cimitero della città di Napoli, situato in via Fontanelle. Chiamato in questo modo per la presenza in tempi remoti di fonti d'acqua, il cimitero accoglie circa 40.000 resti[2] di persone, vittime della grande peste del 1656 e del colera del 1836.

Il cimitero è noto anche perché vi si svolgeva un particolare rito, detto il rito delle "anime pezzentelle", che prevedeva l'adozione e la sistemazione in cambio di protezione di un cranio (detta «capuzzella»),[3] al quale corrispondeva un'anima abbandonata (detta perciò «pezzentella»)

https://it.wikipedia.org/wiki/Cimitero_delle_Fontanelle

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... family vs family... (2016)

date » 07-11-2017 16:28

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foto di Diego Bardone & Bruno Panieri

Milano, 23 gennaio 2016 - Roma 30 gennaio 2016

La piazza si divide, la piazza si confronta ... in nome della famiglia.
L’articolo 29, primo comma, della nostra Costituzione dice testualmente: «la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio». Forse i nostri padri costituenti avevano la vista lunga: non hanno scritto che il matrimonio è quello fra un uomo e una donna. Anzi, la Costituzione dice che la famiglia è una società naturale. È naturale un fatto che esiste in natura e non ciò che le sovrastrutture di un pensiero oscurantista vogliono trovarci.
Fino a quando in Italia quei diritti riconosciuti dovranno discriminare ciò che la natura non discrimina? È storia di questi giorni in Italia, laddove quasi ogni Paese ormai ha risolto quelle che per noi sono ancora contraddizioni portate in piazza.
Ma la piazza è divisa e i due fotografi si dividono le piazze: Milano e Roma a confronto.
Il fotografo documenta, ma non per questo il fotografo non sceglie.
Le piazze divise esprimono persone diverse; le idee sono diverse, anzi, antitetiche; ma isolate, le foto, possono anche essere equivoche. Forse potremmo, in qualche caso, anche scambiare piazza alle foto. Il fotografo potrebbe calcare la mano e dichiarare la sua scelta. Ma anche offrire un insieme di spunti, perché diventino motivo di riflessione. La piazza parla, grida, canta ... La foto parla, grida, canta.
L'augurio dei fotografi, invece, è che chi guarda "pensi" ...

Diego Bardone & Bruno Panieri

... family vs family...

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Lo stato delle cose (2016)

date » 13-06-2017 14:52

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Lo stato delle cose: un osservatorio permanente per raccontare l’Aquila e l’Italia del terremoto

Raccontare L’Aquila oggi. Testimoniare attraverso la fotografia la città che risorge, la città ostaggio della precarietà delle new town e la città dove il tempo si è fermato alla notte del 6 aprile 2009. Dare una voce e un volto all’Aquila che reagisce e lotta, giorno dopo giorno, in punta di piedi e con civile ostinazione, per mantenere la coesione sociale e riappropriarsi dei suoi luoghi, dei suoi territori e della sua identità perduta, frantumata dal terremoto.
E’ da questi presupposti che nel 2016 è nato il progetto non profit di fotografia sociale e documentaria Lo stato delle cose. Geografie e storie del doposisma, realizzato a L’Aquila, nelle sue frazioni e nei paesi del cratere sismico dal 29 maggio al 5 giugno 2016.
A realizzarlo 35 fotografi italiani che hanno condiviso l’idea di dare vita a una iniziativa interamente autofinanziata: la sfida di una grande narrazione collettiva nata con l’obiettivo di poter offrire un contributo a riaccendere l’attenzione su L’Aquila a sette anni di distanza dal sisma del 6 aprile 2009.
Finché la notte del 24 agosto 2016 ad Amatrice la terra è tornata a tremare, spezzando vite e mettendo in ginocchio il Centro Italia. E’ così che, di scossa in scossa, fino alla più devastante del 30 ottobre a Norcia la paura è entrata nell’agenda del quotidiano in quattro regioni nel cuore del Paese: il Lazio, l’Umbria, le Marche e appunto l’Abruzzo. Anche a L’Aquila dove il terrore e il disorientamento sono tornati prepotentemente all’ordine del giorno.
Uno scenario tale da imporre un ripensamento generale del progetto che intende proporsi come un osservatorio sul doposisma in Italia, avendo acquisito la consapevolezza che se documentare attraverso la fotografia equivale a una sorta di prendersi cura del cuore più fragile dell’Italia è indispensabile non smettere di farlo.
E’ per questo che si è tornati a fotografare a L’Aquila fino alla fiaccolata del 6 aprile 2017, nell’intento di prendere atto non solo degli effetti dei terremoti del 2016 e del 18 gennaio 2017 che pure hanno colpito alcuni beni culturali ma anche di quei segnali necessari di rinascita come la riaccensione di un simbolo per la città come la Fontana luminosa.
Immagini che si aggiungono alle migliaia del reportage collettivo che nel 2016 ha documentato la vita quotidiana all’interno dei quartieri satellite con le architetture sempre uguali dei Map e Progetto Case, i cantieri della ricostruzione, lo stato del recupero dei beni culturali e i luoghi della resistenza nel quotidiano. Lì dove cittadini e lavoratori aquilani vivono giorno dopo giorno in uno stato di disagio tangibile, e naturalmente i luoghi del tempo sospeso, ovvero le aree dell’Aquila e delle sue frazioni, così come dei centri dell’Aquilano, dove le lancette dell’orologio sono rimaste ancora ferme al 6 aprile 2009.
Oltre L’Aquila, allora, dalla quale tutto è partito il primo sforzo – reso possibile dall’adesione di un numero complessivo di 60 fotografi che hanno condiviso le finalità sociali e documentarie dello Stato delle cose – è così rappresentare gli effetti della sequenza di terremoti che ha devastato il Centro Italia dal 24 agosto 2016 in avanti.
L’obiettivo dello Stato delle cose, oltre la fisiologica attenzione mediatica e la conseguente onda di solidarietà all’indomani di queste catastrofi, è far sì che non si spenga l’attenzione sui luoghi colpiti dal sisma in una prospettiva di aiuto alla rinascita di questi territori, documentandone così non solo l’eloquenza tragica delle macerie ma anche le istanze e le situazioni nelle quali le comunità territoriali esprimono la loro voglia di riscatto e di riappropriarsi delle città e dei luoghi che gli appartengono.
E ancora. Dinanzi all’acquisita consapevolezza della fragilità del cuore del Paese, si è ritenuto di dover allargare lo sguardo anche a quell’altra Italia colpita dal terremoto nel passato e dove, nonostante i decenni trascorsi, le cicatrici sono ancora fresche. Ecco i reportage nei luoghi colpiti dal terremoto durante la seconda metà del Novecento: dal sisma del Belice fino a quello del 23 novembre 1980 in Irpinia. Una narrazione che non può dirsi esaustiva, naturalmente. E’ un inizio. Sono le fondamenta di un cantiere, insomma, per dare vita a un osservatorio per non dimenticare e continuare a raccontare le geografie e le storie del doposisma in Italia.
Come sono fondamenta ritornando a L’Aquila, da dove tutto è partito, quelle di “3 e 32: Immota Manet”, una sezione del progetto che mira a dare vita, qui online, a una sorta di museo virtuale del doposisma a L’Aquila, attraverso quegli sguardi d’autore che, fin dalle prime ore dopo il terremoto del 6 aprile 2009, ma anche ben oltre, si sono fermati in questa città ferita. E sono fondamenta pure quelle degli interventi, articoli e saggi nella sezione Scritture firmati da scrittori, intellettuali ed esperti che hanno a cuore le sorti dell’Italia ferita dai terremoti.
A rendere possibile il carattere “permanente” di questo osservatorio non potranno che essere le energie e gli sguardi di quanti avranno auspicabilmente voglia di continuare a documentare lo stato delle cose. A L’Aquila, ad Amatrice, a Norcia, a Visso e in quelle centinaia di luoghi altri del Paese divenuti finanche troppi per essere rappresentati nella naturale sintesi dell’informazione giornalistica.
* * *
Ideato e curato dal giornalista Antonio Di Giacomo, lo Stato delle cose è promosso e realizzato dall’associazione culturale senza fini di lucro La camera del Tempo con il patrocinio del Comune dell’Aquila e con la collaborazione dell’associazione culturale Territori, del Dipartimento di Scienze Umane e del Laboratorio di cartografia dell’Università degli studi dell’Aquila, dell’Accademia di Belle Arti dell’Aquila, del Segretariato regionale per l’Abruzzo del Ministero per i Beni culturali. Media partner è la rivista di fotografia EyesOpen! Magazine. A supportare il progetto, rendendo possibile la realizzazione di questo sito web, l’impresa di comunicazione Carucci e Chiurazzi (per il concept e design) e Shiftzero (development e digital marketing).


I miei lavori nel progetto

http://www.lostatodellecose.com/portfolios/new-town/

http://www.lostatodellecose.com/portfolios/dentro-i-map-a-casa-di-marcello/

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Barbie al Vittoriano (agosto 2016)

date » 24-08-2016 10:51

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Barbie
The Icon

Il suo vero nome è Barbara Millicent Roberts, ma per tutti è solo Barbie. Barbie è molto più di una semplice bambola. È un’icona globale, che in 56 anni di vita è riuscita ad abbattere ogni frontiera linguistica, culturale, sociale, antropologica. Per questo motivo la sua figura attrae sempre più l’attenzione come fenomeno culturale e sociologico tanto da dedicarle mostre come Barbie. The Icon che, appena conclusasi al MUDEC – Museo delle Culture di Milano, arriva a Roma al Complesso del Vittoriano - Ala Brasini dal 15 aprile al 30 ottobre 2016.
Nella sede romana sotto l'egida dell'Istituto per la Storia del Risorgimento, la mostra prodotta da Arthemisia Group e 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE in collaborazione con Mattel, curata da Massimiliano Capella, si è arricchita di nuovi prestiti dalla serie Barbie Fashionista, tra cui i modelli Curvy, Tall e Petit, che riproducono le diverse corporature femminili, e le wedding dolls della Coppia Reale inglese William e Catherine.
Barbie. The Icon racconta l’incredibile vita di questa bambola che si è fatta interprete delle trasformazioni estetiche e culturali della società lungo oltre mezzo secolo di storia, ma - a differenza di altri miti della contemporaneità che sono rimasti stritolati dal passare del tempo - ha avuto il privilegio di resistere allo scorrere degli anni e attraversare epoche e terre lontane, rappresentando oltre 50 diverse nazionalità, e rafforzando così la sua identità di specchio dell’immaginario globale.
Dal giorno in cui ha debuttato al New York International Toy Fair, esattamente il 9 marzo 1959, Barbie ha intrapreso mille diverse professioni. È andata sulla luna, è diventata ambasciatrice Unicef e ha indossato un miliardo di abiti per 980 milioni di metri di stoffa. Soprattutto Barbie è cambiata con lo scorrere del tempo, non solo delle mode o della moda, e si è trasformata per essere sempre al passo con il mondo. Ed è diventata una vera e propria icona.
Il percorso espositivo è studiato per offrire diversi livelli di lettura: alle informazioni di approfondimento storico e culturale per il pubblico adulto, si affiancano postazioni pensate per i bambini che, attraverso una serie di attività coinvolgenti, potranno approfondire la storia di Barbie.

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