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Kabila Degage: Congo, le plus grand pays francophone du monde (2017)
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Kabila Degage: Congo, le plus grand pays francophone du monde (2017)

Kabila non lascia il potere. Il Congo sempre nel Caos

Joseph Kabila, il controverso presidente della Repubblica Democratica del Congo, salito al potere in seguito all’uccisione del padre Laurent-Désiré (in carica dal 1997 al 2001), secondo il dettame costituzionale, avrebbe dovuto lasciare il suo incarico a dicembre del 2016. Adducendo ragioni di sicurezza, aggrappandosi alla crisi economica, alla lotta al terrorismo o dichiarando di doversi occupare della repressione di rivolte interne (in gran parte generatesi proprio per il suo rifiuto di andarsene), ha prima dichiarato di voler cambiare la costituzione per poi rigettare ogni forma di trattativa. Grazie anche all’infaticabile mediazione della Cenco, la Conferenza episcopale del Congo, lo scorso dicembre, in quello che è passato alla storia come «L’Accordo di San Silvestro», l’opposizione congolese aveva accettato obtorto collo l’estensione del mandato di Kabila fino alla convocazione di nuove elezioni previa l’assicurazione che la data sarebbe stata annunciata entro la fine di quest’anno.
Quasi a beffare il fronte opposto al presidente, proprio sul finire dell’anno in corso – l’8 novembre - giunge la fissazione di una data per le elezioni che scontenta tutti e frustra le speranze di un rapido ritorno alle urne del popolo e una sperata, susseguente stabilizzazione del Paese: non si andrà al voto prima del 23 dicembre 2018. Ciò significa che Kabila resterà in carica sino al gennaio 2019 mentre, per rinnovare il Senato (da oltre 11 anni non aggiornato, ndr) e i governatorati, bisognerà attendere fino al marzo 2019. Le elezioni locali, invece, sono state fissate addirittura per il settembre 2019. In altre parole, il blocco politico del presidente resterà de facto al potere per almeno altri due anni.
Le opposizioni sono insorte definendo la proposta «inaccettabile» o dichiarando di non riconoscere più né il governo né la commissione elettorale. L’ex governatore del Katanga, Moise Katumbi, ha accusato Kabila di «voler prolungare l’instabilità e la miseria del popolo».
Il Paese, nel frattempo, sprofonda in un caos ingovernabile e continua a generare profughi in fuga da violenze, stragi e povertà endemica. Dal 2015, il numero di sfollati interni è raddoppiato raggiungendo la cifra record di circa 4 milioni (428mila, secondo l’Unhcr, sono i profughi interni solo negli ultimi tre mesi, ndr). Nel 2016, invece, oltre 100mila congolesi hanno trovato riparo nei paesi limitrofi.
È Freddy Kyombo Senga, un «Padre Bianco» congolese, tra gli organizzatori della Congo week - una settimana di iniziative tenutesi a Roma su iniziativa della diaspora congolese - a spiegare a Vatican Insider la attuale situazione e i temibili risvolti della prolungata immunità dell’ormai palesemente illegittimo primo inquilino del palazzo presidenziale.
«La situazione è molto instabile al momento in Congo. Le elezioni si sarebbero dovute celebrare nel dicembre 2016 e non sono mai state indette. Il presidente, il cui mandato è scaduto da più di un anno, continua a rimanere in carica cercando sempre nuovi accordi con la corte costituzionale e con le principali forze di opposizione. Queste, hanno accettato di lasciarlo governare fino alla fine dell’anno solo sulla base dell’accordo secondo cui si sarebbe andati al voto entro i primi mesi del 2018. Ora giunge la notizia della data del dicembre 2018, una vera presa in giro. Le opposizioni minacciano di dare vita a un movimento trasversale che obblighi il presidente Kabila a lasciare il potere al più presto e ad acconsentire a una transizione politica che conduca subito a elezioni democratiche. Ma a cosa porterà questo movimento? Il rischio di ulteriori violenze, purtroppo, è altissimo e nessuno sa immaginare cosa altro possa succedere».
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