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San Romano Martire (2019)


La Chiesa

Costruita nel 2004, la chiesa di San Romano Martire, progettata dall'Architetto Igino Pineschi, è sede dell'omonima parrocchia istituita nel 1973 e affidata al clero diocesano romano. Fino al 2004 la parrocchia era ospitata presso alcuni locali in via delle Cave di Pietralata.
Il lotto sul quale è edificata la chiesa è di forma irregolare e in parte ancora occupato da attività produttive, ed è profondamente incuneato tra edifici residenziali intensivi ad alta densità abitativa.
Da questa conformazione del terreno di edificazione deriva una soluzione progettuale che configura il complesso parrocchiale come una cittadella che, pur nella sua concezione unitaria, si relaziona alle diverse attività che perimetrano il lotto, proponendo una offerta molteplice di incontro, servizio e testimonianza che reinterpreta, in una singolare soluzione realizzativa, un luogo di culto. Lo spazio intorno della chiesa tende a conformarsi unitariamente ed è sostanzialmente simmetrico al suo asse longitudinale, nonostante le "dilatazioni" della cappella feriale, della fonte battesimale, della schola e del volume cilindrico dolla penitenzieria, rendendo riconoscibile la geometria di un esagono molto allungato.
La ridotta dimensione trasversale ha comportato la scelta di un organismo spaziale unico, senza sostegni intermedi come quelli che definiscono tradizionalmente gli spazi della navata principale e delle navate secondarie. Lo spazio presbiterale, inquadrato da due setti rivestiti in mattone a faccia-vista, è sobrio e nobile allo stesso tempo, con il tabernacolo in foglia d'oro a fare da sfondo; vi si arriva tramite un percorso processionale distinto a terra da un pavimento alla maniera cosmatesca, guidati da due travi in calcestruzzo che sorreggono i puntoni in ferro della porzione piana del tetto, raccordato con doppia falda alle murature perimetrali.
Le opere parrocchiali sono costituite da tre blocchi edilizi più o meno integrati fra loro ma omogenei come trattamento architettonico. Il primo blocco, articolato su tre livelli, ospita spazi per attività pastorali, aule per il catechismo e ai piani alti la canonica. Il secondo edificio è destinato prevalentemente agli spazi per la Caritas, mentre il terzo accoglie i locali per gli scout e gli spogliatoi per i campetti sportivi, che concludono la sequenza delle articolazioni volumetriche del complesso, lungo la direttrice dell'asse longitudinale della chiesa.

Il quartiere Pietralata zona Quintiliani

La zona di Quintiliani nel quartiere di Pietralata, avrebbe potuto essere, a Roma, quello che ora, a Milano, sono diventate le zone di Porta Nuova e di CityLife.
Nel piano regolatore del 1963, infatti, la zona venne identificata come una delle zone di sviluppo dei nuovi centri direzionali della città integrati nel famoso Sistema Direzionale Orientale, meglio conosciuto come SDO e per questo fu anche prevista un’apposita stazione metro nella estensione della Linea B verso Rebibbia.
Lo SDO, ovviamente, non vide mai la luce e fu definitivamente accantonato agli inizi degli anni '90 del Novecento, in favore di una scelta scellerata di decentramento dei sistemi terziari su più municipi della Capitale, lasciando da allora, un enorme area completamente disabitata (o quasi) a due passi da una delle più importanti stazioni ferroviarie d’Italia e dell’anello ferroviario.
Nel 1990 venne in compenso completata la stazione della metro B, che tuttavia rimase chiusa sino al 2003, divenendo un caso emblematico di abbandono dei territori periferici; ancora oggi è immersa nel nulla, con una sola strada circondata da campi e sterpaglie a renderla raggiungibile, via della Pietra Sanguigna, che, i più informati, suggeriscono di non percorrere dopo le 17 nei giorni invernali e dopo le 20 in quelli estivi.
Il progetto SDO, invece, sarebbe stato un progetto sensato per il rilancio della capitale e per realizzare uno spazio nuovo, simbolo del futuro, assolutamente vivibile, dove terziario e residenziale potessero fondersi in un nuovo centro, un po’ com’è successo, come detto, a Milano, dove adeguati spazi pubblici e spazi commerciali ricavati tra uffici e residenze, hanno dato un’immagine moderna anche alla città storica e hanno contribuito a ridefinire il nuovo skyline della capitale meneghina.
E invece, dopo l'abbandono dello SDO, quella zona è riuscita a diventare oggetto di uno dei più marcati esempi di disordine urbanistico, laddove non si è rinunciato a ridefinire radicalmente, nella illusione di farne l'HUB romano dell'Alta Velocità, il vecchio complesso ferroviario di Roma Tiburtina, progettato dall’architetto Angiolo Mazzoni e realizzato negli anni ’40 al posto della vecchia stazione di Portonaccio, costruita a sua volta agli inizi del ‘900, in occasione dell’Esposizione Universale del 1942, nell’ambito del programma di risistemazione dei servizi ferroviari di Roma, con il fine di potenziarne il ruolo di stazione sussidiaria della stazione Termini.
Accanto all'avveniristico edificio della nuova Stazione Tiburtina è stato poi realizzato il nuovo headquarters della BNL di Roma, il cui progetto è risultato addirittura finalista ai “MIPIM Awards” nel 2017 nella categoria “Best office and Business Development.
Il tutto dovrebbe ricongiungere, in una dimensione avveniristiva della città, il borghese quartiere di Piazza Bologna con il quartiere Pietralata e dove, proprio la zona di Quintiliani potrebbe rappresentare un boulevard imperlato di nuovi palazzi moderni, avveniristici, in grado di unire la Stazione Tiburtina con la Stazione Quintiliani della metro attraverso spazi di servizio e commerciali, magari immaginando quello che ancora resta un immenso sterrato invaso di sterpaglie come una grande piazza, un po’ come piazza Gae Aulenti a Milano, dove le nuove torri gigantesche, alte oltre 100 metri - una delle quali, anch'essa headquarter di una Banca, Unicredit - costitiscono il cuore del nuovo centro direzionale che unisce gli spazi tra la stazione di Porta Garibaldi e la Stazione Centrale.
Invece, attorno a queste due cattedrali, è rimasto il deserto di un territorio difficile e degradato, senza alcun vantagio reale alle condizioni di vivibilità della zona e dove nenache un po' di buona volontà è riuscita a trasformare il nulla intorno a Quintiliani in una immensa zona verde che possa unire questo posto con il resto della città, ad est, verso via di Pietralata e via dei Monti Tiburtini.
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